Bianca Cappello (Venezia, 1548 – Poggio a Caiano, 20 ottobre 1587), dopo la morte del primo marito, il gentiluomo fiorentino Pietro Bonaventuri, fu prima amante e poi moglie del Granduca di Toscana Francesco I de’ Medici. Famosa per essere stata al centro di numerosi intrighi, morì in maniera misteriosa un giorno dopo suo marito Francesco.
La sua fu una vita intensa e particolarmente avventurosa, per cui vi invitiamo ad approfondire la sua storia, se vorrete, cercando notizie in rete ma anche in libreria (opzione che consigliamo caldamente), una sua biografia.
Tornando al suo matrimonio con il de’ Medici, questo, giusto per aumentare la dose di mistero, non finì felicemente per i due amanti, ma in tragica maniera.
Infatti, nell’ottobre 1587 dopo una cena alla villa di Poggio a Caiano entrambi soffrirono di tremende febbri. Si parlò di febbre terzana, anche se non mancarono i sospetti di avvelenamento. Prima Francesco e poi Bianca morirono dopo undici giorni di agonia.
Quattro docenti dell’Università di Firenze (i tossicologi Francesco Mari, Elisabetta Bertol, Aldo Polettini e la storica della medicina Donatella Lippi) hanno analizzato frammenti di fegato di Bianca e di Francesco: questi resti sono stati ritrovati pochi anni fa nella chiesa di Santa Maria a Bonistallo, in seguito al ritrovamento di un documento che testimoniava come le viscere dei due sposi vi fossero state interrate dopo l’autopsia. Esilissime tracce di un fegato femminile e di uno maschile sono state sufficienti a far trovare tracce di arsenico, in quantità letale ma non fulminante (per questo la lunga agonia); a questo punto restava solo da chiarire la paternità dei tessuti organici. Se per Bianca Cappello, Ferdinando, fratello di Francesco succedutogli alla guida della Toscana, negò le esequie di stato (quindi si ignora la sua sepoltura), Francesco venne interrato nelle Cappelle Medicee accanto alla sua prima moglie Giovanna d’Austria.
Proprio dalla tomba di Francesco, oggetto di un sopralluogo nel 2004 all’interno di un ampio progetto di studio sulla casata medicea, sono stati trovati resti organici il cui DNA è risultato compatibile con quello del fegato maschile, quindi permette un’attribuzione certa. È stato così forse svelato un enigma durato oltre 400 anni, che getta un’ombra sul buon governo del Granduca Ferdinando I, riscrivendo in parte la storia di quel periodo.
Questo che segue è il racconto che leggiamo nella Guida del forestiero di Venezia Antica del 1842:
“Da alcun anno si discorre e si scrive tanto di questa Bianca quanto fosse stata ella una delle più illustri donne del secolo suo. La misteriosa e disonesta sua fuga dalla paterna casa in un tempo nel quale era assai arduo alle veneziane donzelle, custodite sempre gelosamente, il darsi in braccio ad un amante; le seguenti nefandissime sue tresche con un principe; l’improvviso e maraviglioso suo passaggio dalla condizione di privata donna a quella di sovrana, e finalmente la violenta sua fine, possono solo averla resa celebre in questi giorni, nei quali amasi di tenere a tutto ciò che ha di soprannaturale, di portentoso, di romantico. Nasceva Bianca, per destino, gentildonna, non volgar donna, e tanto basta. Quantunque molto già si sappia, anzi tutto, di Bianca, nientedimeno innanzi a questa casa ov’ella nacque, visse e crebbe ripeteremo brevemente la istoria sua. – Bartolommeo Cappello, patrizio, marito di una Pellegrina Morosini, divenne padre di Bianca nel 1548. Crescendo essa in età, cresceva pure in avvenentezza: laonde, quantunque per il costume patrio ella di sua balia non fosse, rimasta però senza madre, non accordandosi coll’umore della matrigna, Lucrezia Grimani, e vecchio avendo il padre, non era tanto sollecitamente, nè amorosamente guardata. Accadendole dunque di vedere assai spesso dalle finestre della sua casa a quelle di un’altra, che stavale dirimpetto (forse la vicina, con merlature e di gotico aspetto), ove faceano banco i Salviati di Firenze, un Piero di Zenobio Bonaventuri fiorentino, che teneva le ragioni dei detti Salviati, invaghivasi ella di Piero, e questi di Bianca, in guisa che Piero e Bianca vicendevolmente e teneramente amandosi, non limitavansi più di starsene al davanzale, ma, col mezzo di persone abbiettissime, vedevansi in occulto la notte più da vicino nel palagio dei Cappello. Cresciuta così per quelle spesse conversazioni nei giovani petti l’amorosa fiamma, Piero persuadeva Bianca a fuggire seco lui insieme affine di unirsi in matrimonio; perciocchè ben egli conosceva e sapeva che per la boria dei tempi e per quella degli uomini veneziani, data la disuguaglianza del nascimento, non gli si avrebbe certamente conceduto la mano della donzella. Cedendo adunque Bianca alle lusingherie del toscano, abbandonava ella seco lui, nel mezzo della notte del ventotto venendo il ventinove novembre 1563, questa sua casa paterna, e la patria per sempre. Alla notizia di quel caso fu a Venezia e nel patriziato un rovinio e un proromper di taglie e di bandi contro i fuggitori e contro i supposti complici loro: Bianca intanto era divenuta a Firenze moglie del Bonaventuri. Quando poi Bianca, vedova di costui, e già amanza di Francesco dei Medici, gran duca di Toscana, passava al talamo suo, e a dominar quindi sulle ridenti rive dell’Arno, fu a Venezia e nel patriziato un altro rovinio e un altro prorompere di dimostrazioni di esultanza e di onore. La decenza cedeva il luogo alla ragione di Stato.”

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