Buonasera; il nostro amico e guida, dottor Giuseppe Tassini, grazie ad un balzo indietro nel tempo, ci porta alla scoperta della Venezia antica. Siamo nel 1872 e l’amico Tassini, partendo dalla descrizione del “Molo”, ci racconta di epoche passate, in cui le colonne di Piazza San Marco erano tre e non due, dei leoni allevati nei serragli dei giardini, della pietà delle donne veneziane e di altre cose davvero interessanti:
“ Impropriamente è così chiamato quel tratto di strada in fondo alla Piazzetta di S. Marco, il quale comincia
dal Ponte della Paglia, ed arriva ai Giardinetti Reali, poiché molo significa veramente riparo contro la violenza dell’acque, e qui non rimane alcuna traccia d’argine costrutto a tal fine. La sola sua somiglianza ad un argine avrà dunque procurato a questo tratto l’anzidetta denominazione. Esso formossi quando nel 1285 si volle ampliare verso la laguna la Piazzetta, dalla quale è diviso mediante le due belle colonne di granito orientale, trasportate da una dell’isole dell’Arcipelago dopo il 1125, sotto il doge Domenico Michiel, o, come altri pensano, nel 1171 sotto il doge Vitale Michiele II. Dicesi che queste colonne fossero veramente tre, ma che una nel trasporto cadesse nell’ acqua. Nel 1557, e pur anche nel 1809, si diede opera a ricercarla, ma senza effetto. Le due che tuttora si vedono vennero innalzate da terra, ove giacevano, nel 1172 per opera di Nicolò Barattieri. Sopra una di esse sta un leone di bronzo volto verso levante, quasi insegna del dominio dei Veneziani sul mare. Questo leone fu rapito dai Francesi, e quindi nel 1815 riportato a Venezia. Sopra l’altra sta la statua di S. Teodoro collo scudo nella destra per indicare che i Veneziani tendono a difendersi, e non ad offendere. Pietro Guilonzardo però, che nel 1329 assistette al collocamento della statua medesima, dice raffigurare essa S. Giorgio, e non S. Teodoro. Intorno ambedue le colonne eranvi alcune botteghe distrutte nel 1529. Sul Molo, nel secolo XVII, s’innalzò una statua della Fortuna, come si apprende da un sonetto del Dottori, inserito nelle di lui Rime, edite in Padova nel 1695 dal Frambotto. Ad una estremità del Molo, e propriamente sotto la Zecca (robusto edificio, eretto nel 1535 dal Sansovino), vendevasi il pesce, onde il prossimo ponte, che nel 1808 fu accomodato per dar accesso ai Giardinetti Reali, e che ora fu ricostrutto in ferro, chiamavasi Ponte della Pescaria. Sopra l’area poi ove presentemente tali Giardinetti s’ammirano eranvi anticamente alcuni serragli pei leoni donati alla Repubblica dai Fiorentini, e poscia pei leopardi avuti dal Pretegiani. E nota la cronaca dell’Agostini che nel 1316 vi sicustodivano due leoni grandi, maschio e femmina, e che questa partorì tre leoncini, uno dei quali venne donato al signor di Verona, e gli altri due s’allevarono, durando in Venezia per molte dosene d’anni. Sopra quell’area eranvi eziandio alcuni squeri, o cantieri, ove si costruivano galee per particolari, ma nel 1349 ciò venne proibito, e, distrutti i cantieri, si fecero sorgere in quella vece i pubblici granai detti di S. Marco, facendosi innanzi ad essi una piazza, la quale, dice il Magno, per esser fatta de novo, fo detta terranova. Ove stendonsi i Giardinetti eranvi anche le prigioni, in cui l’anno 1380 si rinchiusero i Genovesi presi nella così detta guerra di Chioggia, ed in cui godettero gli effetti della pietà delle donne Veneziane, fra le quali segnalaronsi Anna Falier, Caterina Da Mezzo, Francesca Bragadin, ed altre. Finalmente si trovavano colà stabilite le pubbliche Beccherie di S. Marco, e gli ufficii della Sanità, e delle Legne.”