Se vi dovesse capitare di fare una passeggiata notturna per le calli di Venezia, magari in piacevole compagnia, prestate attenzione se vi trovate in Campo Santi Giovanni e Paolo. Potreste imbattervi nell’eterea forma dello spettro di un giovane la cui triste storia andiamo a raccontare. Era il 1485, anno in cui la Scuola di San Marco, oggi Ospedale Civile, fu ricostruita dopo un terribile incendio. Viveva, in quel periodo, nella Giudecca, il giovane figlio di una donna veneziana e di un commerciante ebreo, diventato poi cittadino turco. Il commerciante, dopo la sua nascita rapì il figlio ancora infante. Il ragazzo, cresciuto con il padre, si sentiva solo e triste a causa del suo sangue per metà veneziano e per metà levantino.
Per tale ragione egli non era mai stato ben accettato dalla comunità cristiana e nemmeno da quella turca. La frustrazione e la rabbia per questa sua condizione crebbero e portarono il ragazzo a maturare un carattere violento e collerico che trovava sfogo ogni volta che andava a trovare la donna. La madre del giovane viveva, per l’appunto, nei paraggi della Scuola di San Marco e il figlio, quando andava a farle visita, la picchiava senza alcun rispetto e con inaudita violenza. Una sera, in preda alla sua delirante follia, uccise con il coltello la donna strappandole il cuore dal petto. Ormai vittima della sua pazzia, prese a vagare per Campo Santi Giovanni e Paolo con il cuore della madre in mano. Nel suo delirante vagare lungo le Fondamenta della Scuola Grande di San Marco ad un certo punto inciampò ed il cuore della madre gli cadde in acqua. Rinsavitosi e schiacciato dai sensi di colpa, si rialzò, raggiunse le Fondamenta Nuove, si buttò in laguna e si lasciò affogare.
Così ebbe fine la vita terrena di quel povero folle matricida. Testimone della morte del giovane fu lo scalpellino Cesco Pizzigani, caduto in disgrazia tempo addietro e che, ormai ridotto ad essere un mendicante, stava giacendo sotto il portale della Scuola di San Marco. Cesco decise quindi di immortalare quella scena, incidendo sul marmo con un chiodo, la figura del giovane con il cuore in mano. È ancora visibile l’incisione tra la porta d’ingresso dell’Ospedale Civile e la parte destra della facciata, a circa 30 centimetri. Il singolare graffito rappresenta un uomo con turbante che tiene nella mano sinistra un cuore. Si racconta che, durante la notte, il fantasma del giovane dannato vaghi nel campo lamentandosi e cercando di ritrovare il perduto cuore della madre. Questa, probabilmente, la sua condanna per l’eternità.
Antonio Vaianella